L’universo carcerario è una realtà delicata e particolare di cui si parla solo in termini negativi, dimenticando che si tratta di un mondo con molteplici sfaccettature e problematiche, troppo spesso rimosse dalla discussione quotidiana. Aspetti di cui quasi sempre l’opinione pubblica addirittura non conosce l’esistenza, come per i bambini che vivono in carcere con le madri detenute. In adesione alla sua vocazione di service, il Rotary Club Napoli ha organizzato un incontro martedì 28 febbraio per sollevare l’attenzione su di un tema di cui non si parla mai abbastanza , ma che coinvolge i figli delle detenute, che restano con le madri fino ai tre anni di vita, diventando anche loro di fatto dei carcerati, pur non avendo commesso alcun reato. Relatori della serata il Garante dei detenuti per la Regione Campania Samuele Ciambriello, Rosaria Capacchione, giornalista ed ex parlamentare, e i magistrati Marco Puglia e Raffaello Magi coordinati dalla nostra consocia Rosellina Casertano, presidente della Commissione giustizia del Club. Sia pur con toni mai eccessivi nonostante la difficoltà del tema, la serata è riuscita a focalizzare l’attenzione dei soci un fenomeno che di fatto sottrae a quei bambini la spensieratezza tipica degli anni dell’infanzia. I relatori hanno espresso le rispettive esperienze maturate: sensibilità differenti, ma concordi sulla necessità di garantire al minore il diritto a crescere in un ambiente consono alla propria età. Le carceri, con le porte che vengono sbarrate ai bambini alla stessa ora dei detenuti comuni, non rappresentano il luogo migliore per crescere. Consentire alle madri di poter stare con i propri figli è giusto: ma c’è ancora tanto da fare, probabilmente bisognerebbe lavorare a misure alternative per le detenute con figli piccoli, attraverso case-famiglia o – come qualche relatore ha detto – cercando di garantire anche in un carcere servizi minimi come un asilo nido. Un bambino deve stare con altri bambini e non può avere come compagni di gioco degli adulti, come accade nelle carceri . Quanto emerso con chiarezza dallo svolgimento del confronto è che c’è ancora molta strada da fare verso l’obiettivo di non relegare i bambini che si trovano in quelle condizioni allo stesso rango di detenuti al quale sono condannate le loro madri. Toccante conferma è giunta dalla testimonianza di una mamma detenuta in regime di semi libertà che ha portato la propria esperienza. Il racconto ha dato all’uditorio modo di comprendere come il tema meriti maggiore attenzione, perché il rapporto madre-figlio ha importanza di ordine superiore, anche dietro le sbarre.
(resoconto a cura di Nico Dente Gattola)